Nell’ottobre del 1939 Adolf Hitler e Benito Mussolini stipularono un accordo che prevedeva per i sudtirolesi, la popolazione ladina e i cimbri delle isole tedescofone presenti in Italia l’obbligo di scegliere fra rimanere sulla propria terra, rinunciando però alla cultura e alla lingua madre, oppure emigrare nel Reich.
Stando a voci diffuse ad hoc, chi decideva di restare (definito “Dableiber”), sarebbe stato trasferito nel Meridione d’Italia. Il senatore fascista Ettore Tolomei insisteva affinché i “rimasti” venissero deportati in Abissinia (Etiopia), conquistata dall’Italia. I dirigenti nazisti promisero agli “optanti” la possibilità di abitare territori a loro circoscritti. Di fatto se ne prevedeva invece l’insediamento nei territori orientali di nuova conquista, per esempio nella penisola della Crimea.
Circa 166.000 sudtirolesi (86%) optarono per il passaggio alla Germania e altri 75.000 emigrarono negli anni successivi, fino al 1943.
Seppure ampiamente invano, dopo la Seconda guerra mondiale l’Italia tentò di impedire l’opzione di ritorno.